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Convento di Sant’Agostino


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Il Convento annesso alla Chiesa divenne nel 1943 la sede della Guardia Nazionale Repubblicana e come tale luogo di arresti e sevizie, tanto che i lucchesi presero a chiamarlo “convento delle torture”

La Chiesa di Sant’Agostino fu costruita nel XIV secolo su quella preesistente di San Salvatore in muro, nei pressi dei resti della cinta muraria e del Teatro romano. Nell'Ottocento fu sconsacrata ed adibita a magazzino militare. Fu restituita al culto nel 1866 grazie all'opera delle Suore oblate della Spirito Santo. Ospita la venerata Madonna del Sasso e il corpo della beata Elena Guerra.

Il convento annesso, quattrocentesco, presenta un porticato con arcate leggermente ogivali sostenute da colonne ottagonali in mattoni.

Nel dicembre 1943 divenne la sede del Comando provinciale della 86a Legione della Guardia Nazionale Repubblicana, diretta da Bruno Messori, e del suo Ufficio Politico Investigativo.

Tra gli aguzzini si distinse Camillo Cerboneschi, noto nel dopoguerra come “la belva della provincia”. Classe 1908, perugino di nascita ma milanese d’adozione, reduce dal fronte montenegrino, era stato sorpreso l’8 settembre 1943 in Lucchesia durante una breve licenza di convalescenza; impossibilitato a rientrare al proprio reparto, si era messo a disposizione del locale comando germanico, riuscendo ad aggregare attorno a sé un piccolo nucleo di ex-squadristi e reduci dal fronte.

Questo gruppo ando a costituire l’Upi che operò nella ricerca di ex-prigionieri e soldati sbandati e poi nella repressione antipartigiana.

Dopo essere stati individuati e fermati, venivano portati a S.Agostino tutti coloro che erano sospettati di attività antifasciste. Venivano interrogati, torturati e intimiditi, minacciando ritorsioni ai danni delle loro famiglie.

Le sevizie consistevano nell’ingestione forzata di liquidi, in bruciature inferte con la stufa, nella compressioni delle parti intime. Lo ricordano tra gli altri vittime come il capitano Fiilippo Rubolotta, l’avvocato Guido Di Grazia, il professor Aldo Muston.

Grazie a questi brutali metodi e alle indagini condotte attraverso una fitta rete di informatori locali, l’azione dell’Upi raggiunse mportanti successi operativi, tra i quali la cattura di Vittorio Monti e di Domenico Randazzo, accusati di far parte del movimento resistenziale e fucilati a Massarosa il 19 aprile 1944; e  il ferimento a morte del partigiano Roberto Bartolozzi, caduto il successivo 29 giugno.

Con l’approssimarsi degli alleati, Cerboneschi e i suoi si spostarono in Emilia dove il gruppo si sciolse. 

Nel 1948 furono processati dalla Cas, ma solo il milite Erminio Barsotti fu condannato (e peraltro amnistiasto), mentre Cerboneschi fuggì dal carcere e Messori espatriò in Spagna.

Nel 1975 è stata posta una lapide che ricorda il loro operato criminale.

Piazza S.Agostino, Lucca